venerdì 11 dicembre 2015

Creepypasta – Lo strano caso di Madeline Taylor

In una notte tempestosa di un venerdì 17, Madeline Taylor sta per diventare ragazza madre nella sala parto dell’ospedale Cayman Island hospital. In realtà, è una delle ultime piogge della stagione in quanto l’inverno è ormai alle porte per lasciar spazio alla primavera e alle belle serate festose, una di quelle serate allegre, dove Madeline tra un bicchiere e l’altro lascia che un perfetto individuo, nella sala da ballo della disco più “in” dell’isola, la seduca con due parole e la porti nel più vicino cimitero abbandonato, il Dixie Cemetery per potersi approfittare sessualmente di lei. Il cimitero si affaccia sulla costa, la luna piena e il suono delle onde del mare, suggellano tra i due, un patto di sangue dai risvolti inaspettati.
Deve odiare all’infinito quella maledetta notte Madeline, mentre urla e si dimena per dare alla luce la piccola Viola, un nome preso a caso dritta dritta da una lapide su cui lei e il giovane impenitente hanno consumato il loro rito dai gusti a dir poco contestabili. La ragazza ha da poco compiuto ventitré anni e quella gravidanza ha segnato la fine delle sue “notti brave” da fotografa turista, in cerca del suo “io” in giro per il mondo. Così non gli resta che stabilirsi alle Cayman e svolgere il lavoro di cameriera presso un fast food accantonando la possibilità di laurearsi per riuscire ad allevare la piccola Viola, una bambina piuttosto taciturna, a detta della babysitter, con cui trascorre le sue serate tra le merendine e i colori che tiene in mano per disegnare le sue buffe opere d’arte.
All’età di nove anni, però, qualcosa cambia. Negli incubi notturni di Viola, sempre più frequenti, si manifestano dei de ja vous particolari e tuttavia sempre più ben definiti e descritti dalla bambina come ricordi vividi di una vita passata, dettagli che ogni giorno di più affiorano nella sua mente con dovizia di particolari che di tanto in tanto giungono al cospetto di Madeline, che presa dal lavoro e dalle faccende di tutti i giorni relega una superficiale considerazione, data la possibile immaginazione più o meno fervida che una bambina può celare dentro di sé. Sulla questione però non resta indifferente Amanda, anche se pagata pochi spiccioli l’ora, è per Viola l’amica più prossima non ché confidente referenziata. Quando Amanda, un giorno, spulcia gli ultimi disegni, nota l’assidua presenza raffigurante una casa in stile vittoriano di colore chiaro avente una porta d’ingresso di un rosso acceso con in mezzo una maniglia dorata.


In una notte tempestosa di un venerdì 17, Madeline Taylor sta per diventare ragazza madre nella sala parto dell’ospedale Cayman Island hospital. In realtà, è una delle ultime piogge della stagione in quanto l’inverno è ormai alle porte per lasciar spazio alla primavera e alle belle serate festose, una di quelle serate allegre, dove Madeline tra un bicchiere e l’altro lascia che un perfetto individuo, nella sala da ballo della disco più “in” dell’isola, la seduca con due parole e la porti nel più vicino cimitero abbandonato, il Dixie Cemetery per potersi approfittare sessualmente di lei. Il cimitero si affaccia sulla costa, la luna piena e il suono delle onde del mare, suggellano tra i due, un patto di sangue dai risvolti inaspettati.
Deve odiare all’infinito quella maledetta notte Madeline, mentre urla e si dimena per dare alla luce la piccola Viola, un nome preso a caso dritta dritta da una lapide su cui lei e il giovane impenitente hanno consumato il loro rito dai gusti a dir poco contestabili. La ragazza ha da poco compiuto ventitré anni e quella gravidanza ha segnato la fine delle sue “notti brave” da fotografa turista, in cerca del suo “io” in giro per il mondo. Così non gli resta che stabilirsi alle Cayman e svolgere il lavoro di cameriera presso un fast food accantonando la possibilità di laurearsi per riuscire ad allevare la piccola Viola, una bambina piuttosto taciturna, a detta della babysitter, con cui trascorre le sue serate tra le merendine e i colori che tiene in mano per disegnare le sue buffe opere d’arte.
All’età di nove anni, però, qualcosa cambia. Negli incubi notturni di Viola, sempre più frequenti, si manifestano dei de ja vous particolari e tuttavia sempre più ben definiti e descritti dalla bambina come ricordi vividi di una vita passata, dettagli che ogni giorno di più affiorano nella sua mente con dovizia di particolari che di tanto in tanto giungono al cospetto di Madeline, che presa dal lavoro e dalle faccende di tutti i giorni relega una superficiale considerazione, data la possibile immaginazione più o meno fervida che una bambina può celare dentro di sé. Sulla questione però non resta indifferente Amanda, anche se pagata pochi spiccioli l’ora, è per Viola l’amica più prossima non ché confidente referenziata. Quando Amanda, un giorno, spulcia gli ultimi disegni, nota l’assidua presenza raffigurante una casa in stile vittoriano di colore chiaro avente una porta d’ingresso di un rosso acceso con in mezzo una maniglia dorata.


Lo strano caso di Jeremy Bentham

A seguito della richiesta allegata al testamento, il corpo del filosofo inglese Jeremy Bentham fu imbalsamato e conservato dopo la sua morte, avvenuta nel 1832, dal suo allievo Thomas Southwood Smith. In vita fu un eccezionale pensatore, antesignano di moltissime rivoluzioni sociali come la parità di diritti alle donne, l’abolizione della schiavitù, la difesa dei diritti degli animali, la separazione di Stato e Chiesa, il diritto al divorzio e la depenalizzazione del reato di sodomia (Wikipedia). La testa e il corpo furono collocati in un armadio di legno che Bentham stesso chiamò “Auto-icon”. Il corpo fu vestito con gli abiti di Bentham e conservato in tale stato per i successivi decenni.
L’Auto-icon aveva lo scopo di mostrare il corpo reale di Bentham, mummificato per assomigliare, almeno nei piani del filosofo, al suo aspetto durante la vita. Gli sforzi di Southwood Smith di mummificare il capo non ebbero i migliori risultati, e infine il viso dell’eminente pensatore inglese assunse un aspetto macabro e discretamente terrificante. Auto-Icon fu infine dotata di una testa di cera raffigurante Bentham ed esposta all’University College di Londra, che la acquisì nel 1850.

Oggi Auto Icon è esposto nel chiostro sud dell’University College of London, univeristà che lo stesso Bentham contribuì a fondare come istituzione laica, ed è liberamente visitabile:

La testa del filosofo venne dapprima posta sotto alle gambe della mummia, ma fu poi chiusa in una teca a seguito di un furto con riscatto operato da alcuni studenti nel 1975. Viene sottoposta ad annuale check-up sullo stato di conservazione, e i curatori delle antichità presenti nell’università sono seriamente preoccupati riguardo la perdita dei capelli dell’eminente filosofo che, dopo 183 anni dalla sua morte, ha ancora comunque una chioma del tutto rispettabile.
I dettagli del viso risalgono alle fotografie di Settembre 2015, quando la testa è stata ispezionata per l’ultima volta:

Gli occhi finti, scelti personalmente dal filosofo quando era in vita, furono posizionati dall’allievo durante il processo di mummificazione.
Il singolare foro presente nella parte superiore del cranio non è dovuto ad un colpo da arma da fuoco, ma dal pezzo di ferro utilizzato per tenere in posizione la testa del filosofo nel suo Auto-Icon, prima che venisse rimossa:
Nelle intenzioni di Bentham la mummificazione della sua testa e la conservazione dello scheletro sarebbero dovuti servire per portare in giro alle feste e agli eventi mondani il proprio cadavere. Ovviamente nessuno volle portare in giro le reliquie del filosofo, che sono passate alla storia per il loro essere bizzarre piuttosto che per la loro effettiva valenza sociale.
La scelta di posizionare la statua del filosofo in una delle zone principali dell’Università ha dato adito alle voci secondo le quali Bentham presenzierebbe ancora al College Council (il consiglio dell’università) in qualità di membro non votante. L’epoca Vittoriana, si sa, era discretamente stravagante…
FONTE: http://www.vanillamagazine.it/lo-strano-caso-di-jeremy-bentham/